Co-branding: in poche parole, due mondi che si incontrano (e qualche volta si scontrano).
Cosa porta due brand a intrecciare i loro rispettivi pubblici e universi valoriali?
Scopriamo insieme le caratteristiche, i vantaggi e le opportunità del co-branding, citando alcune delle collaborazioni più inaspettate.
Osare, ma con cognizione di causa
Collaborare con un altro brand è un’arma a doppio taglio: ampliamo il nostro universo di valori, conquistando una nuova fetta di pubblico, ma rischiamo di mettere in discussione la nostra stessa immagine agli occhi dei clienti. Purtroppo è così: se nella vita di tutti i giorni veniamo giudicati anche in base alle persone che frequentiamo, lo stesso vale per il co-branding.
Per questo motivo, la scelta va ben ponderata, ma osare con cognizione di causa può portare ai migliori risultati perché permette di aprire un nuovo orizzonte per il nostro brand.
Un rischio che premia entrambi
Lo sanno bene i marchi d’alta moda, che non perdono occasione di collaborare con brand di streetwear e sportswear, ma anche con catene d’abbigliamento low cost.
Abbiamo visto collaborazioni fra Versace e H&M, Nike e Dior, Supreme e Louis Vuitton. Questo tipo di partnership risulta vantaggiosa per entrambe le parti: lo streetwear, lo sportswear e il low cost acquistano un’aura di esclusività, mentre il luxury ottiene una “street cred”, avvicinandosi ora alle tendenze underground, ora alla vita delle persone comuni.
Uniti dagli stessi valori
Le partnership più interessanti sono quelle che uniscono marchi che operano in ambiti diversi, ma che trovano terreno comune sulla base di valori profondamente radicati in entrambi. Ad esempio, la collaborazione fra Fendi e la marca di pasta Rummo può risultare bizzarra solo a un primo sguardo: entrambe sposano i concetti di artigianalità e Made in Italy, quindi il connubio da un lato sorprende e dall’altro risulta completamente sensato, e quindi funziona.
Riflettere le abitudini della gente
Il successo della recente partnership fra Chiquita e Nutella si è basato su un abbinamento ideato e promosso dai clienti stessi: lo possono testimoniare le ricette che affollavano il web svariati anni prima che la collaborazione venisse annunciata. In questo caso, si può dire che il successo sia praticamente scontato: l’unione fra i due marchi non sorprende, ma risponde a un bisogno già insito nel cliente. Al contrario, è interessante notare come la partnership fra Philadelphia e Milka si sia rivelata un fiasco: sebbene gli italiani trovino sfiziosi i prodotti di entrambe le marche, l’associazione del formaggio con la cioccolata è risultata indigesta per la maggior parte dei clienti, tanto da evitare di assaggiarlo a priori. Anziché basarsi sul successo individuale dei due marchi, quindi, la partnership avrebbe dovuto prendere in considerazione le abitudini alimentari degli italiani, che difficilmente associano il formaggio con il dolce, a differenza dei francesi o di altri popoli europei.
Scorgere nuove opportunità
Una partnership può essere un’occasione per sfatare stereotipi e preconcetti che non trovano riscontro nell’effettiva osservazione del comportamento dei propri clienti, sperimentando su nuove fasce di pubblico sulla base di dati che appaiono promettenti.
Ad esempio, avendo riscontrato un crescente interesse per Star Wars da parte di un pubblico di giovani donne, LucasFilm ha lanciato una linea di cosmetici in collaborazione con CoverGirl: la collaborazione si è rivelata un successo, smentendo le tesi dei fan di vecchia data, convinti che il fandom di Star Wars fosse quasi esclusivamente maschile.