Sono diverse settimane che, sul nostro blog, parliamo di comunicazione sociale e affini. E non possiamo davvero farci nulla: in questo universo nascono idee, leve comunicative e contenuti davvero strabilianti, divertenti, toccanti. Così, oggi, desideriamo raccontarvi la campagna “Leave no one behind”: ovvero, “Non lasciare nessuno indietro”. Questo è il titolo scelto per l’ultimo spot della recente Giornata Internazionale sulla Sindrome di Down, a cura dell’associazione internazionale CoorDown che, da diversi anni – ormai otto – lavora sulla sensibilizzazione nei confronti di questa sindrome e sull’inclusione necessaria alla quotidianità delle persone che ne sono colpite. Una storia ormai lunga, quella di CoorDown, che corre sul filo della comunicazione. Infatti, con estrema puntualità, l’associazione pubblica, ogni anno, a pochi giorni dalla ricorrenza, un video, un vero e proprio spot – semplice e fantasioso – con cui ricordare al mondo intero l’importanza di una giornata come questa. La risultante: storytelling perfetti e reali; a volte allegri, a volte più intensi e commoventi, altri decisamente divertenti.
Il 2019 e #leavenoonebehind
Un fiabesco portone si apre: è l’entrata di un biblioteca. Decine di libri volano sopra la testa del protagonista, che inizia così un delicato monologo: perché il 21 marzo è la giornata mondiale della poesia, attraverso cui trasformare sogni in parole. Ma è anche la giornata internazionale delle foreste, con cui celebrare questi spazi sconfinati e meravigliosi, ci racconta una ragazza francese. Ed è anche il Nowruz Day. Ma soprattutto, è la giornata internazionale della Sindrome di Down. E ce lo ricordano questi protagonisti, soggetti attoriali assolutamente non casuali perché tutti interessati dalla Sindrome.
Un copy semplice e avvolgente, delicato e vivido, con cui spezzare la catena dell’isolamento.
Un payoff, quello scelto per il 2019, che è diventato anche un hashtag di successo: infatti, #leavenoonebehind ha raccolto, negli ultimi 40 giorni, oltre 34,6k di post, tra video, citazioni e condivisioni, solo su Instagram.
Uno slogan così semplice, eppure così pieno di sfumature e significati: un racconto, in tutti i suoi crismi, racchiuso in una frase talmente semplice da essere composta solamente da un verbo, un soggetto, e un complemento.
Il caso dear future mom
5 anni fa, CoorDown aveva mobilitato l’attenzione mediatica internazionale con l’uscita del suo terzo spot, dall’inequivocabile titolo “Dear future mom”.
Un filmato di circa due minuti basato su quella che viene chiamata “real communication”: ovvero, uno spot che parte da una – presunta – realtà. E, in questo caso, la realtà di una futura madre la quale, dopo aver scoperto che suo figlio nascerà con la Sindrome, scrive all’associazione raccontando i suoi timori. Il fulcro del video gira proprio sulla domanda: “che vita avrà mio figlio”? E le risposte costituiscono il dolcissimo plot del video, così reale e così esauriente; uno spot autentico perché in grado di svolgere la sua funzione fino in fondo: raccontare, rassicurare, rispondere.
E ancora, “The special proposal” – un romanticissimo video di cui non vogliamo anticiparvi nulla, ma che si suddivide tra una prima parte, emozionale e real time, e una più istituzionale, in grado di sottolineare come la vita di coppia di due persone con la Sindrome di Down sia comune a quella di tante altre coppie – fino a “Not special needs – Just human needs”, due divertentissimi minuti in cui si fa leva sull’assurdità del concetto di “bisogni speciali”.
Ma, in fondo, ciò che contraddistingue le campagne video di CoorDown è il respiro internazionale: si tratta di spot multilingua, dove gli attori – per un giorno, molto probabilmente – provengono da ogni parte del mondo, per trasmettere un messaggio unificato che non necessita di essere manipolato da interventi di traduzione e in grado, al tempo stesso, di dare il polso di una situazione globale, comune a tutti.
Internazionalità, semplicità, raffinatezza del concept e nel copy, senza drammatizzare, per enfatizzare solo ciò che realmente importa, in un esempio di comunicazione sociale così onesto e brillante.