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Torce di libertà: marketing ed emancipazione femminile

9 Marzo 2022

La celebre campagna Torches Of Freedom, ideata da Edward Bernays quasi un secolo fa, continua ad essere un esempio magistrale di come una buona strategia di marketing possa estendere il proprio target di riferimento e, al contempo, influenzare l’opinione pubblica, accompagnandosi ai grandi movimenti sociali del proprio tempo.

Lo stigma della fumatrice

Negli Stati Uniti, all’inizio del XX secolo, c’era un forte stigma sociale legato alle fumatrici. L’atto di fumare in pubblico era considerato immorale se compiuto da donne. Alcuni stati americani fecero addirittura ricorso alla legislazione: nel 1908, il Consiglio di Assessori di New York approvò con voto unanime un’ordinanza che proibiva alla donne di fumare in luoghi pubblici. Inoltre, l’International Tobacco League fece di tutto per impedire che in film e pubblicità venissero raffigurate donne che fumavano, a meno che non si trattasse di prostitute o di altri modelli femminili considerati negativi.

 

Durante la Prima Guerra Mondiale, le donne sostituirono gli uomini sul posto di lavoro e, potendo godere di una maggiore libertà e indipendenza, cominciarono a farsi meno problemi nel fumare, ma per la società americana si trattava di un tabù difficile da sradicare…

1928: il contributo del marketing

Poi arrivò il marketing: nel 1928, George Washington Hill, Presidente dell’American Tobacco Company, si rese conto di quanto sarebbe stato redditizio estendere il mercato della sigarette alle donne (“sarà come trovare una miniera d’oro proprio nel nostro cortile”), ma dovette scontrarsi con i forti pregiudizi dei suoi contemporanei: l’opinione comune era vicina a quella del proprietario di un hotel che, intervistato dal New York Times, dichiarò che “le donne non sanno davvero cosa farci, con il fumo. Non sanno neanche tenere correttamente in mano le sigarette”. Ciononostante, i produttori di tabacco continuavano a sperare di poter includere le donne fra i propri consumatori: nel 1925 Lucky Strikes, su suggerimento del pubblicitario Albert Lasker, puntò sull’effetto dimagrante delle sigarette per catturare l’attenzione del pubblico femminile e soprattutto delle ragazze più giovani, determinate ad incarnare un nuovo ideale di bellezza, rappresentato dalle flapper, che aspirava alla magrezza. La campagna funzionò, ma le donne avevano ancora timore di accendere una sigaretta in pubblico.

 

 

Fu così che Washington Hill decise di assumere Edward Bernays, oggi considerato il padre delle Pubbliche Relazioni, per capire come approcciarsi a questo segmento di pubblico. Bernays, a sua volta, si fece consigliare dallo psicanalista Abraham Brill, il quale dichiarò che l’istinto di fumare fosse giustificato per le donne, sempre più investite di incarichi fino ad allora tipicamente maschili. Lo stesso Bernays, nipote di Sigmund Freud, era stato il primo a teorizzare che le persone potessero essere spinte a desiderare prodotti di cui non avevano bisogno sulla scia di desideri inconsci, e – ispirato dai movimenti della prima ondata femminista – decise di connotare le sigarette come un simbolo di libertà e uguaglianza fra i sessi: “Oggi l’emancipazione delle donne ha soppresso molti dei loro desideri femminili. Più donne ora fanno lo stesso lavoro degli uomini. Molte donne non hanno figli; quelle che ne fanno ne hanno di meno [rispetto a prima, ndr). […] Le sigarette, che sono associate agli uomini, diventano fiaccole di libertà”.

A scopo promozionale, Bernays assunse un gruppo di donne (dovevano essere attraenti, ma sembrare persone comuni, non modelle) che potessero marciare durante la Easter Holiday Parade di New York nel 1929, sfoggiando le loro “fiaccole di libertà”.
Bernays aveva anticipato alla stampa che quel giorno qualcosa di scandaloso sarebbe accaduto e infatti, sul finire della parata, una decina di donne cominciarono a fumare. Le foto e il filmato di quella manifestazione fecero il giro del mondo e la marcia fu presto associata alla lotta femminista, animando il dibattito socio-culturale in tutti gli Stati Uniti.

 

 

Quelle giovani donne apparivano non solo emancipate, ma anche affascinanti: è stato anche grazie a queste influencer ante-litteram che la sigaretta si affermò come simbolo di uno stile di vita glamour, accompagnandosi alle dive del cinema. Per noi oggi è inconcepibile pensare di associare valori positivi ad un’attività nociva per la salute, ma all’epoca, come scrive lo storico Allen M. Brandt, la sigaretta diventò un simbolo di “indipendenza ribelle, eleganza, seduzione e fascino sessuale sia per le femministe che per le flapper”.

L’impatto della campagna

Sulla scia del successo di Torches Of Freedom, i marchi di sigarette si concentrarono sempre di più sul nuovo target: Chesterfield tirò in ballo il suffragio universale (“le donne hanno iniziato a fumare quasi nel momento in cui hanno iniziato a votare”) e Philip Morris incitò le donne a credere in loro stesse e, in risposta a chi le ridicolizzava, organizzò una serie di conferenze allo scopo di insegnar loro “l’arte” del fumare.

Il lavoro di Bernays non si esaurì con la marcia del ‘29: nel 1934, ad esempio, gli fu chiesto di affrontare l’apparente riluttanza delle donne ad acquistare le sigarette Lucky Strike a causa dei colori del loro pacchetto, verde e rosso, che sembravano stonare con la moda dell’epoca. L’obiettivo fu quello di trasformare il verde in un colore di tendenza: Bernays organizzò il Green Ball, un evento di beneficenza al Waldorf Astoria, a cui le signore dell’alta società avrebbero partecipato indossando abiti verdi, cambiando la concezione del colore agli occhi del pubblico e, prima ancora, della stampa e del settore moda.

 

 

Bernays riuscì, con il tempo, non solo a scardinare il tabù del fumo femminile, ma a farlo diventare un trend: la sua strategia permise di registrare un incremento delle vendite di sigarette tra le donne, che raddoppiarono tra il 1923 e il 1929. Il picco fu raggiunto nel 1965, con le fumatrici che costituivano ormai il 33,3% delle donne americane: un risultato che rimarrà stabile fino al 1977.

In seguito, fortunatamente, l’emancipazione femminile si è slegata dalle sigarette in virtù di una maggiore consapevolezza in merito ai danni del fumo, ma è comunque interessante volgere lo sguardo a un’epoca lontana in cui marketing e femminismo si sono alleati a favore della libertà, facendo la storia della comunicazione pubblicitaria.

 

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Filed Under: Campagne Marketing

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