Cosa significa “meme”?
Partiamo proprio dalla definizione della Treccani, che per “meme” intende un “singolo elemento di una cultura o di un sistema di comportamento, replicabile e trasmissibile”, non a caso il termine deriva dal greco mímēma, imitazione. Sul web, i meme sono contenuti che diventano virali proprio in virtù della loro replicabilità, che si apre a infinite rielaborazioni.
I meme di Treccani, fra “alto” e “basso”
Spesso alla base di un meme c’è un video, una gif o un’immagine che desta l’attenzione dei “memers”, pronti ad arricchirla di significato calandola in diversi contesti.
Ricollegandosi alla perpetua commistione fra “alto” e “basso” che caratterizza la sua strategia di comunicazione, Treccani riutilizza in questo contesto immagini di opere d’arte di grandi artisti italiani.
Spesso si tratta di artisti su cui la Treccani ha recentemente pubblicato un volume, in modo che i meme fungano da richiamo al libro stesso: insomma, nulla è lasciato al caso!
Sintesi visiva e potenza divulgativa
Ciò che rende i meme vincenti è la loro capacità di sintesi e l’immediatezza della loro potenza visiva, attraverso cui riescono a divertire, ma anche a trattare temi importanti e di profonda attualità.
Particolarmente utilizzato è l’escamotage dell’immedesimazione o della raffigurazione personificata di pensieri e concetti astratti: attraverso le espressioni, i gesti e l’atteggiamento dei personaggi raffigurati, si dipinge un contesto o una situazione ricollegandosi alla vita quotidiana o a temi sociali di più ampia portata. Quindi, se il meme a sinistra ironizza su qualcosa che può capitare a tutti (rendersi conto di avere torto a metà di una discussione), quello a destra evidenzia le falle di un sistema socio-economico che grava sulle spalle delle risorse del pianeta e dei diritti umani.
Utilizzando lo stesso metodo, Treccani si esprime in modo efficace anche su questioni grammaticali (attraverso la personificazione di “qual”, del verbo “è” e dell’apostrofo) o addirittura risponde in prima persona alle critiche (in questo caso rivolte al presunto inserimento del neologismo “Ferragnez” nella loro enciclopedia).
Ogni meme pubblicato da Treccani viene corredato da un testo in sovrimpressione, funzionale alla sua comprensione, e dalla didascalia del post. Quest’ultima, insolitamente lunga per gli standard social, viaggia in secondo piano rispetto al meme, in grado di veicolare in modo più efficace un messaggio proprio grazie alla sua sintesi visiva.
Il concetto viene espresso alla perfezione da questo meme di Treccani pubblicato il 20 ottobre 2019:
La didascalia del post non è quindi sempre necessaria alla comprensione del meme, tuttavia ne costituisce spesso il giusto completamento, a volte la chiave di lettura.
E, soprattutto, permette di inserire link a voci dell’enciclopedia online e riferimenti ai volumi cartacei pubblicati da Treccani.
In un certo senso, il meme costituisce un’esca per spingere l’utente ad approfondire il contesto culturale che sta dietro all’immagine grazie al supporto dell’enciclopedia. Allo stesso modo, l’elevato grado di “condivisibilità” dei meme si ricollega strettamente all’intento divulgativo dell’enciclopedia, costituendo il mezzo più adatto per diffondere la cultura nell’era dei social. Questo ragionamento ci porterebbe a pensare che Treccani utilizzi il linguaggio dei meme per rendere la cultura più “accessibile” a tutti, ma non è sempre così. Con i meme più recenti, che citano approfonditamente altri meme, format di meme e ulteriori aspetti interni alla cosiddetta “internet culture”, Treccani si rivolge a una comunità ben precisa, costituita da utenti che conoscono alla perfezione i meme e il loro linguaggio. Il rischio è quello di invertire il senso della missione enciclopedica, che mira a rendere la cultura accessibile a tutti. Treccani riesce tuttavia ad aggirare il problema diversificando i contenuti proposti e non mancando mai di fornire una chiave di lettura agli utenti più sprovveduti.
I meme di Treccani funzionano?
Proviamo a dare un responso basandoci sul livello di interazione dei post: i tredici meme pubblicati negli ultimi tre mesi hanno prodotto su Facebook una media di 1.458 reazioni, 200 commenti e 193 condivisioni e su Instagram una media più alta di ‘like’ (2.045) e più bassa di commenti, in linea con le dinamiche del canale in questione. Questi numeri sanciscono un distacco netto rispetto a tutti gli altri contenuti pubblicati dai canali social di Treccani (fatta eccezione per la rubrica “Le parole delle canzoni”, che si attesta su risultati simili) e questo dovrebbe bastare per dichiarare che sì, i meme funzionano, se si sanno fare. Producono ‘like’ e, cosa più importante, condivisioni e commenti: non si riescono a contare le dichiarazioni d’amore ai social media manager di Treccani (accompagnate addirittura da richieste di matrimonio), mentre i più sobri si limitano a dichiararli “geniali”, affermando che “mema meglio la Treccani delle pagine di shitposting”. In fondo ha senso che la Treccani, l’istituzione culturale italiana per eccellenza, sia in grado di padroneggiare qualunque tipo di linguaggio, incluso quello dei meme.
In conclusione
La strategia social di Treccani ha rinverdito la reputazione dell’enciclopedia grazie ad una comunicazione in grado di padroneggiare il mezzo social.
Grazie anche a un sapiente utilizzo dei meme, Treccani è riuscita a raggiungere un nuovo pubblico (più giovane e attento alle dinamiche del web) rimanendo sempre e comunque fedele al proprio intento: divulgare cultura.