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Il Coronavirus contagia la rete, i brand rispondono

5 Marzo 2020

Anche il più tragico fatto di cronaca può trasformarsi in un meme e il 2020 ce lo sta dimostrando alla grande: abbiamo iniziato l’anno con i meme sulla Terza Guerra Mondiale che sembrava imminente, poi è subentrato il Coronavirus con meme prima in versione internazionale e poi “Made in Italy”, per prendersi gioco delle contraddizioni e delle ipocondrie degli italiani.

Si è fatta molta ironia sulle mascherine, sul Virus che riduce i contatti sociali (per la gioia di molti) e sull’igiene che sembra divenuta una priorità solo in vista di una possibile pandemia, con Barbara D’Urso che, in diretta, fa “tutorial” su come lavarsi le mani: meglio tardi che mai!
Al centro dei meme più popolari c’è sicuramente l’Amuchina, con il suo gel igienizzante per le mani, che viene dipinta come la merce più rara e preziosa sul mercato (“Il mio tesssoro!” direbbe Gollum de Il Signore degli Anelli), con battute sui guadagni stellari dell’azienda a fronte di un fantomatico rincaro dei prezzi.

A quest’ultima accusa, Amuchina ha risposto direttamente sul suo sito internet, negando una variazione di prezzo.

Sempre parlando di igiene e di precauzioni, ha causato polemica un tweet della celeberrima Taffo Funeral Services che, ironicamente, auspicava un incremento dei decessi (e, di conseguenza, dei suoi potenziali clienti) per il Coronavirus, giocando sull’ignoranza collettiva con un post che invitava a non lavarsi le mani, a toccarsi spesso naso e bocca, a non coprirsi quando si tossisce.

Insomma, un vademecum di raccomandazioni al contrario che non è stato gradito dal popolo della rete. L’indignazione che cominciava a farsi strada su Twitter ha spinto Taffo a eliminare in fretta il tweet e a dichiarare di voler fare “un passo indietro rispetto alle istituzioni” con un video del responsabile commerciale Alessandro Taffo che debutta con la frase “In tanti ci state chiedendo un post sul coronavirus”, lasciando supporre che sul Coronavirus non si fossero proprio espressi, in un disperato quanto maldestro tentativo di obliterazione, che sembra tuttavia aver dato i suoi frutti (quasi nessuno parla della gaffe).
Gli screenshot comunque parlano chiaro: l’eliminazione del tweet è stato un passo falso in partenza, e Taffo si è comunque vista costretta ad ammetterne l’esistenza, senza tuttavia scusarsi (per la cronaca, anche quest’ultimo tweet è stato eliminato).

Insomma, l’umorismo caustico di Taffo è risultato decisamente fuori luogo in questo periodo di “psicosi collettiva”. A contribuire al clima apocalittico ci sono le sconvolgenti immagini dei supermercati quasi completamente svuotati, saccheggiati in massa come se fossimo all’alba di un olocausto nucleare. Ha destato l’attenzione dei social il fatto che, in mezzo a scaffali quasi vuoti, campeggiassero pile di confezioni di penne lisce avanzate. Questa tipologia di pasta era già stata in passato oggetto di scherno da parte della rete e vederla rimanere invenduta perfino in un’occasione del genere sembra aver confermato a molti quanto le penne lisce siano poco gradite ai consumatori.

Sebbene “l’odio” collettivo per le penne lisce non sia legato a uno specifico brand, una delle immagini più diffuse sui social reca in bella vista il marchio De Cecco, che ha intelligentemente risposto con un post: “Non tutte le #pennelisce sono lisce allo stesso modo: è la trafilatura al bronzo del Metodo De Cecco a renderle squisite!”.

A proposito di brand e di psicosi collettiva, nel resto del mondo non è certo andata meglio: secondo un sondaggio riportato dal New York Post, gli americani sarebbero restii ad acquistare la birra Corona a causa dell’associazione fra il nome del prodotto e il Coronavirus; lo conferma un’indagine di YouGov, il crollo del titolo in borsa (-8%) e milioni di ricerche effettuate su Google. La situazione è tale che l’azienda produttrice si è vista costretta ad emettere un comunicato che smentisce ogni possibile correlazione con il Virus.
Pare che tutto sia nato da alcuni meme assolutamente innocui, che hanno portato ad una situazione purtroppo degenerata in diversi paesi del mondo, che causerà ingenti danni economici al noto marchio di birra: si stimano perdite dei ricavi per circa 285 milioni di dollari.

È chiaro quindi che, in un’epoca in cui la rete riesce ad influenzare in modo così profondo il pensiero dei consumatori, sia necessario per qualunque brand rimanere costantemente informato su ciò che avviene online e sulle ripercussioni che questo possa avere per la propria reputazione, trovando il modo giusto per sfatare una “bufala” o per rispondere all’ironia del web, stando sempre attenti a non esagerare: la “gogna” social, per un brand, è sempre dietro l’angolo.

Noi di Siks possiamo aiutarti a curare la tua reputazione online con strategie mirate di social media marketing, contattaci per ulteriori informazioni.

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Filed Under: Advertising, Social Media Tagged With: coronavirus, fail, meme

Treccani e i meme: divulgare cultura al tempo dei social

12 Febbraio 2020

Cosa significa “meme”?

Partiamo proprio dalla definizione della Treccani, che per “meme” intende un “singolo elemento di una cultura o di un sistema di comportamento, replicabile e trasmissibile”, non a caso il termine deriva dal greco mímēma, imitazione. Sul web, i meme sono contenuti che diventano virali proprio in virtù della loro replicabilità, che si apre a infinite rielaborazioni.

I meme di Treccani, fra “alto” e “basso”

Spesso alla base di un meme c’è un video, una gif o un’immagine che desta l’attenzione dei “memers”, pronti ad arricchirla di significato calandola in diversi contesti.
Ricollegandosi alla perpetua commistione fra “alto” e “basso” che caratterizza la sua strategia di comunicazione, Treccani riutilizza in questo contesto immagini di opere d’arte di grandi artisti italiani.
Spesso si tratta di artisti su cui la Treccani ha recentemente pubblicato un volume, in modo che i meme fungano da richiamo al libro stesso: insomma, nulla è lasciato al caso!

Sintesi visiva e potenza divulgativa

Ciò che rende i meme vincenti è la loro capacità di sintesi e l’immediatezza della loro potenza visiva, attraverso cui riescono a divertire, ma anche a trattare temi importanti e di profonda attualità.
Particolarmente utilizzato è l’escamotage dell’immedesimazione o della raffigurazione personificata di pensieri e concetti astratti: attraverso le espressioni, i gesti e l’atteggiamento dei personaggi raffigurati, si dipinge un contesto o una situazione ricollegandosi alla vita quotidiana o a temi sociali di più ampia portata. Quindi, se il meme a sinistra ironizza su qualcosa che può capitare a tutti (rendersi conto di avere torto a metà di una discussione), quello a destra evidenzia le falle di un sistema socio-economico che grava sulle spalle delle risorse del pianeta e dei diritti umani.

Utilizzando lo stesso metodo, Treccani si esprime in modo efficace anche su questioni grammaticali (attraverso la personificazione di “qual”, del verbo “è” e dell’apostrofo) o addirittura risponde in prima persona alle critiche (in questo caso rivolte al presunto inserimento del neologismo “Ferragnez” nella loro enciclopedia).

Ogni meme pubblicato da Treccani viene corredato da un testo in sovrimpressione, funzionale alla sua comprensione, e dalla didascalia del post. Quest’ultima, insolitamente lunga per gli standard social, viaggia in secondo piano rispetto al meme, in grado di veicolare in modo più efficace un messaggio proprio grazie alla sua sintesi visiva.
Il concetto viene espresso alla perfezione da questo meme di Treccani pubblicato il 20 ottobre 2019:

La didascalia del post non è quindi sempre necessaria alla comprensione del meme, tuttavia ne costituisce spesso il giusto completamento, a volte la chiave di lettura.
E, soprattutto, permette di inserire link a voci dell’enciclopedia online e riferimenti ai volumi cartacei pubblicati da Treccani.
In un certo senso, il meme costituisce un’esca per spingere l’utente ad approfondire il contesto culturale che sta dietro all’immagine grazie al supporto dell’enciclopedia. Allo stesso modo, l’elevato grado di “condivisibilità” dei meme si ricollega strettamente all’intento divulgativo dell’enciclopedia, costituendo il mezzo più adatto per diffondere la cultura nell’era dei social. Questo ragionamento ci porterebbe a pensare che Treccani utilizzi il linguaggio dei meme per rendere la cultura più “accessibile” a tutti, ma non è sempre così. Con i meme più recenti, che citano approfonditamente altri meme, format di meme e ulteriori aspetti interni alla cosiddetta “internet culture”, Treccani si rivolge a una comunità ben precisa, costituita da utenti che conoscono alla perfezione i meme e il loro linguaggio. Il rischio è quello di invertire il senso della missione enciclopedica, che mira a rendere la cultura accessibile a tutti. Treccani riesce tuttavia ad aggirare il problema diversificando i contenuti proposti e non mancando mai di fornire una chiave di lettura agli utenti più sprovveduti.

I meme di Treccani funzionano?

Proviamo a dare un responso basandoci sul livello di interazione dei post: i tredici meme pubblicati negli ultimi tre mesi hanno prodotto su Facebook una media di 1.458 reazioni, 200 commenti e 193 condivisioni e su Instagram una media più alta di ‘like’ (2.045) e più bassa di commenti, in linea con le dinamiche del canale in questione. Questi numeri sanciscono un distacco netto rispetto a tutti gli altri contenuti pubblicati dai canali social di Treccani (fatta eccezione per la rubrica “Le parole delle canzoni”, che si attesta su risultati simili) e questo dovrebbe bastare per dichiarare che sì, i meme funzionano, se si sanno fare. Producono ‘like’ e, cosa più importante, condivisioni e commenti: non si riescono a contare le dichiarazioni d’amore ai social media manager di Treccani (accompagnate addirittura da richieste di matrimonio), mentre i più sobri si limitano a dichiararli “geniali”, affermando che “mema meglio la Treccani delle pagine di shitposting”. In fondo ha senso che la Treccani, l’istituzione culturale italiana per eccellenza, sia in grado di padroneggiare qualunque tipo di linguaggio, incluso quello dei meme.

In conclusione

La strategia social di Treccani ha rinverdito la reputazione dell’enciclopedia grazie ad una comunicazione in grado di padroneggiare il mezzo social.
Grazie anche a un sapiente utilizzo dei meme, Treccani è riuscita a raggiungere un nuovo pubblico (più giovane e attento alle dinamiche del web) rimanendo sempre e comunque fedele al proprio intento: divulgare cultura.

Filed Under: Creatività, Social Media Tagged With: facebook, meme

I social di Treccani e la cultura dei meme

5 Febbraio 2020

L’enciclopedia dalla carta al web

La Treccani è stata la prima enciclopedia italiana: fondata il 18 febbraio 1925 da Giovanni Treccani, costituisce una vera e propria istituzione culturale. A novantacinque anni dalla sua nascita, la sfida dello storico Istituto dell’Enciclopedia Italiana è quella di acquisire rilevanza nel panorama contemporaneo mantenendo intatta la propria autorevolezza. Come prevedibile, la cultura enciclopedica ha perso valore nell’era di Internet, diventando una risorsa estremamente accessibile a un pubblico ignaro del valore aggiunto che separa una voce della Treccani dal primo risultato che compare su Google. A partire dal 2009, la Treccani mette a disposizione i contenuti delle proprie enciclopedie online, gratuitamente: le visite arrivano, ma questo non basta per differenziarsi da Wikipedia, regina incontrastata del sapere condiviso.

E quindi, che si fa? Treccani, che non è mai stata refrattaria al cambiamento (ha debuttato online nel lontano 1996!), capisce di dover comunicare in modo diverso, e si mette in discussione ripartendo dal suo fulcro: il concetto di cultura. La rivoluzione di Treccani non sta solo nell’ampliare gli orizzonti di ciò che è ritenuto degno di un approfondimento enciclopedico, sfociando senza remore nella pop culture contemporanea, ma anche nell’adottare un nuovo linguaggio divulgativo, senza paura di addentrarsi negli oscuri meandri della internet culture. Ripartendo dai social network, la Treccani potrà distinguersi, rinverdire la sua identità e creare un nuovo valore aggiunto per i suoi lettori.

La strategia social di Treccani

L’offerta social di Treccani è piuttosto eterogenea: propone tutto ciò che ti aspetteresti da un’enciclopedia normale, ma stupisce con quello che non ti aspetteresti.
Quindi, se da un lato Treccani condivide articoli su storia, geografia e lingua italiana, dall’altro pubblica approfondite analisi di testi di artisti indie e trap nell’apprezzatissima rubrica “Le parole delle canzoni”, legata all’omonima playlist su Spotify, redatta dalla stessa Treccani. In questa profonda commistione fra cultura tradizionale (“alta”) e cultura popolare (“bassa”), Treccani rimane sempre fedele a sé stessa: qualunque argomento viene trattato con la medesima serietà, come si addice ad una vera enciclopedia. E, come si addice ad un vero canale social, l’attenzione all’attualità è fondamentale.

Un esempio? Il 22 gennaio 2020, Treccani spiega etimologia e storia della parola “immunità” ricollegandosi al processo a Matteo Salvini per il caso della nave Gregoretti e al CoronaVirus, argomenti chiacchieratissimi proprio in quei giorni. Per spiegare significato e usi del termine “immunità” si rimanda a un link alla pagina (online) del loro dizionario, ciò che di più istituzionale possa esistere sulla faccia della Terra: eppure, con l’esca dell’attualità, riescono a fartela leggere. Non mancano poi riferimenti alla cultura pop e “nerd”, come testimoniano i post di Treccani su due aggettivi poco comuni, improvvisamente saliti alle cronache nel 2019: “ineluttabile”, pronunciato da Thanos in Avengers: Endgame, e “recalciltrante”, utilizzato nel criticatissimo doppiaggio Netflix di Neon Genesis Evangelion. Fra gli altri contenuti, Treccani propone citazioni e aforismi di personaggi famosi (un classico sempreverde) e omaggi a personaggi illustri di diversi ambiti ed epoche, da Sigmund Freud a Beyoncé. Il copywriting è sempre all’altezza: serio, ma mai serioso; brillante e mai noioso, si lancia spesso in riferimenti esilaranti alla contemporaneità. Fin qui tutto bene, insomma: è una comunicazione che risulta “giovane” senza cercare di imitare i giovani, il che è già un successo. Ma quello che ha destato l’attenzione di tutti non è solo che la Treccani sia riuscita ad intercettare un pubblico giovane e ‘smart’, ma che sia riuscita in un’impresa ancora più ardua: capire cosa sono i meme e, soprattutto, saperli creare e sfruttare per la propria comunicazione.

Ne parleremo nel nostro prossimo blog post, continuate a seguirci!

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