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Siks adv

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Agenzia di comunicazione a Genova

emanuele

Le Golden Rules del Black Friday

25 Novembre 2024

Crea un evento di shopping unico

Il Black Friday è un’opportunità imperdibile per aumentare le vendite e attrarre nuovi clienti. Ma per sfruttarlo al massimo, è fondamentale seguire alcune regole d’oro. 

Eccone nove per creare un Black Friday di successo!

Gioca in anticipo.

Pianifica la tua strategia in anticipo, definendo sconti mirati e offerte esclusive. Usa i teaser sui social, invia newsletter pre-evento e crea aspettativa: è la chiave per attirare l’attenzione!

Vai dritto al punto, con creatività.

Le promozioni devono essere chiare e facilmente comprensibili, ma la comunicazione deve strizzare l’occhio al cliente con creatività. Usa headline incisive e descrizioni brevi, trasmettendo il punto di vista personale del tuo brand e sfruttando il Black Friday anche per rafforzare la brand awareness.

Integra i canali online e offline.

Se hai un negozio fisico, integra le vendite online con quelle in store. 

Offri la possibilità di ritirare gli acquisti online direttamente in negozio (click & collect) e incentiva la visita fisica con promozioni speciali. Il Black Friday è il momento perfetto per fare cross-selling tra i tuoi canali.

Crea un e-commerce a prova d’acquisto.

Migliora lo shopping del tuo e-commerce progettando esperienze personalizzate, con assistenza mirata tramite chatbot avanzati e l’utilizzo della realtà aumentata per visualizzare i prodotti come in un negozio fisico. Un’esperienza d’acquisto coinvolgente ridurrà i resi e aumenterà la soddisfazione del cliente.

Punta sul servizio clienti.

Durante il Black Friday, il servizio clienti può fare la differenza. Predisponi vantaggi extra come la spedizione gratuita o un’assistenza dedicata. I clienti apprezzeranno il supporto immediato e professionale.

Monitora e adatta le offerte.

Il Black Friday è frenetico e le preferenze dei clienti cambiano rapidamente. Tieni d’occhio le performance delle tue promozioni e adatta le offerte in tempo reale per sfruttare ogni opportunità.

Rendi il Black Friday un evento unico.

Crea dinamiche di gamification e offerte a tempo per stimolare l’urgenza e l’entusiasmo. Organizza eventi virtuali interattivi, come tour dei prodotti o dirette social per offrire un’esperienza immersiva e coinvolgente.

Sfrutta il post-Black Friday.

Il Cyber Monday e le offerte natalizie danno una grande opportunità per mantenere l’attenzione sul tuo brand anche dopo il Black Friday. Non lasciar svanire l’interesse subito dopo l’evento!

Dai un occhio di riguardo alla sostenibilità.

Le nuove generazioni sono sempre più consapevoli dell’impatto ambientale delle loro scelte di acquisto. Offrire soluzioni più sostenibili, anche in occasione del Black Friday, consente di rispondere a questa crescente domanda, garantendo un vantaggio competitivo e veicolando una visione a lungo termine del tuo brand.

Il Black Friday può quindi non solo aumentare le vendite, ma anche rafforzare la reputazione del tuo brand e fidelizzare i clienti. Fai in modo che ogni offerta rafforzi la relazione con i tuoi clienti!

Hai bisgongno di aiuto? Contattaci!

Filed Under: Campagne Marketing, Programmazione Siti Web, Social Media Tagged With: social media marketing ecommerce blackfriday

Sparire dai social: sì o no? Una riflessione sul delicato equilibrio tra assenza e presenza.

7 Ottobre 2024

In un’era in cui la visibilità è tutto, l’idea di sparire dai social media può sembrare controintuitiva, eppure porta con sé una riflessione interessante. Dovremmo essere sempre presenti o c’è valore anche nell’assenza? La risposta è complessa: sì e no. È importante esserci per costruire un dialogo con il proprio pubblico, ma anche l’assenza ha potere comunicativo.

Shhh, parla l’assenza.

Fare silenzio in mezzo a tanto rumore è un atto di distinzione. L’assenza rompe la routine e infrange l’aspettativa del dover esserci. Dà delle pause e crea curiosità, attesa e riflessione. Questo spazio vuoto genera domande e amplifica l’impatto di un eventuale ritorno sulla scena. L’attesa generata dal marketing dell’assenza è d’altronde una via che stuzzica il desiderio, creando quel velo di mistero, di limited edition, che genera la voglia di scoprire il non detto.

Come le leggende?

Molte aziende hanno sperimentato il marketing dell’assenza. Un esempio eclatante è Lush, con il suo social detox, o Bottega Veneta, che ha scelto di ritirarsi dai social media per un periodo con un atto consapevole e forte, intensificando il senso di esclusività del brand. Anche molti artisti, d’altronde, sfruttano la tecnica di sparire temporaneamente per poi tornare presenti con più forza. La campagna silenziosa, insomma, può aumentare il volume delle prossime cose da dire.

Questione di Fomo?

Tuttavia, sono le stesse logiche delle piattaforme digitali che ci incoraggiano a essere costantemente attivi, e la FOMO (Fear of Missing Out) – la paura di essere esclusi da esperienze, eventi e spinte algoritmiche – può portarci a saturare i nostri contenuti. Ciò rischia di far scendere la qualità, facendo risultare la presenza ripetitiva o scontata. 

È davvero possibile creare qualità e interesse ogni giorno?

Puntare sulla quantità piuttosto che sulla qualità può portare a una visibilità senza sostanza. Al contrario, lavorare nell’ombra e riapparire con un contenuto significativo può generare una maggiore attenzione. Come si dice, “less is more”: quando si sceglie di essere presenti, bisogna non essere dati per scontati. Fare la differenza.

Essere presenti nel presente.

La visibilità continua permette però di mantenere vivo il rapporto con la propria community, consolidando la fiducia e rafforzando il riconoscimento del brand o del personal brand. 

La presenza quotidiana offre anche l’opportunità di sperimentare nuovi trend ed essere attuali, monitorando in tempo reale le reazioni del pubblico e ottimizzando la propria strategia di comunicazione. Insomma, esserci permette di rimanere rilevanti e al centro della conversazione.

Quindi? Esserci o non esserci?
Forse non è questione di esserci sempre, ma di esserci le volte che contano.

Esserci quando si ha qualcosa di sostanza da dire, contando sul fatto che si può avere spesso qualcosa di interessante da dire, quando ci si mette in un’ottica di comunicazione autentica, seguendo e approfondendo i propri valori.

Ricordandosi, poi, che anche sapersi nascondere può essere significativo e dare nuovo valore alla propria presenza.

Comunica ciò che conta.

Contattaci!

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Nano-influencer caratteristiche e vantaggi per i brand

15 Marzo 2024

Quando si parla di influencer marketing, spesso si tende a pensare a partnership fra brand e profili con milioni di follower. In realtà, un abbinamento tra un marchio e un influencer può essere vincente a prescindere dal numero di seguaci di quest’ultimo, anzi… 
In molti casi, le collaborazioni con creator dal seguito più ristretto possono rivelarsi più efficaci. Scopriamo come e perché in questo articolo!

Le diverse tipologie di influencer

Prima di partire, facciamo un breve riepilogo di come vengono comunemente classificati i profili degli influencer sulla base del loro seguito:


  • Nano-influencer: da 1.000 a 10.000 follower
  • Micro-influencer: da 10.000 a 100.000 follower
  • Macro-influencer: da 100.000 a 1 milione di follower
  • Mega-influencer: oltre 1 milione di follower


In questo caso ci concentreremo sui nano-influencer, anche se gran parte delle cose che diremo possono valere anche per i micro-influencer.

Perché collaborare con un nano-influencer?

Analizziamo, prima di tutto, i punti di forza dei nano-influencer nel rapporto con i propri follower, un aspetto fondamentale per i brand che intendono collaborare con questi profili. In particolare, rispetto a mega- e macro-influencer, notiamo che i creator con un seguito più ristretto possono contare su:

Maggiore engagement

I nano-influencer hanno un pubblico ristretto, ma altamente fidelizzato, coinvolto e interessato ai loro contenuti. Questo si traduce in un tasso di engagement (like, commenti, condivisioni) nettamente superiore rispetto a influencer più grandi. 
Inoltre, i nano-influencer sono più propensi a interagire direttamente con i propri follower, dando vita a community particolarmente solide e durature. 


Maggiore autenticità

Se è vero che, in media, un influencer che sponsorizza un prodotto sui social può risultare più credibile e autentico di un personaggio del mondo dello spettacolo che fa da testimonial in uno spot televisivo, è altrettanto vero che non tutti gli influencer possono vantare lo stesso grado di autenticità nella percezione del pubblico. Infatti, se i macro- e mega-influencer sono considerati celebrità del web, i micro- e nano-influencer conservano una maggiore autenticità perché vengono visti come persone comuni, molto vicine ai loro follower. I loro contenuti sono quindi percepiti come più genuini rispetto a quelli dei creator più grandi, che possono apparire più distanti e impersonali nelle loro modalità comunicative. Come abbiamo già accennato, i nano-influencer tendono a interagire molto di più con i propri follower, costruendo con loro un rapporto più stretto, più personale e personalizzato, basato sulla fiducia. 
Inoltre, all’interno di una determinata nicchia, le voci di questi creator possono risultare particolarmente credibili, dunque autorevoli. 
L’azione combinata di tutte queste dinamiche fa sì che le sponsorizzazioni dei nano-influencer appaiano più spontanee, affidabili e persuasive agli occhi dei possibili acquirenti, con tutti i vantaggi che ne derivano.

Maggiore targetizzazione

I profili dei nano-influencer tendono a rivolgersi a settori specifici, che si tratti di ambiti lavorativi o di hobby, interessi e passioni che i creator condividono con il proprio pubblico. Una condivisione che, lo ribadiamo, contribuisce ad alimentare un legame stretto e profondo con i propri seguaci. Collaborare con un nano-influencer, quindi, permette ai brand di raggiungere un pubblico altamente profilato, attivo e interessato all’interno di una specifica nicchia di mercato. Al contrario, i macro- e mega-influencer, avendo un pubblico più generalista, non garantiscono una targettizzazione altrettanto precisa.

Le collaborazioni con i micro-influencer presentano, inoltre, diversi vantaggi pratici per i brand. Ecco i principali:

Costi inferiori, maggiori opportunità

I costi di collaborazione con i nano-influencer sono decisamente inferiori rispetto a quelli degli influencer più grandi. A livello strategico, il budget che si spenderebbe per la collaborazione con un singolo macro-influencer potrebbe essere ripartito in più collaborazioni con diversi nano-influencer. In questo modo, il brand potrebbe raggiungere un pubblico più ampio e diversificato, sperimentando l’impatto dello stesso prodotto su diverse frange di pubblico.

Maggiore flessibilità e longevità

Davanti alla prospettiva di una collaborazione, i nano-influencer sono generalmente disposti a mettersi in gioco e ad adattarsi alle esigenze dei brand più di quanto facciano gli influencer di maggiori dimensioni. Sono anche più propensi a coltivare partnership a lungo termine con uno o più brand.

Maggiore sperimentazione

Il ristretto bacino d’utenza dei nano-influencer può fornire un ulteriore vantaggio sul fronte della sperimentazione. Infatti, le collaborazioni con i creator più piccoli offrono ai brand la possibilità di testare la ricezione di nuovi prodotti in un contesto più ristretto prima di lanciarli su larga scala.

Una strategia vincente

All’interno di un sistema digitale dispersivo, dominato da influencer con milioni di follower, puntare su profili più piccoli può essere una scelta vincente. Se vengono selezionati e gestiti con la massima cura, i nano-influencer si rivelano essere partner di valore sia per i brand più grandi che per quelli più piccoli, che possono giovare di una soluzione vantaggiosa anche sul fronte economico.
Sicuramente, l’influencer marketing non ha solo a che fare con il numero di follower – una cifra che, comunque, conta sempre meno del tasso di interazione. 
La cosa più importante, infatti, è individuare i “giusti” creator, in linea con i valori, le esigenze e gli obiettivi del brand. Per generare brand awareness, ad esempio, un mega-influencer può essere la scelta migliore. Se invece si desidera raggiungere un target specifico, allora puntare su influencer con numeri più contenuti potrebbe essere la soluzione più adatta. 
L’ideale sarebbe coinvolgere creator con pubblici di diverse dimensioni all’interno di una stessa campagna: combinando queste diverse risorse in modo strategico, è possibile ottenere un risultato soddisfacente su più fronti.

Stai cercando la strategia di influencer marketing più adatta per il tuo brand?

Noi possiamo aiutarti. Contattaci!

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Threads spodesterà X? Scopriamo il nuovo social di Zuckerberg

7 Febbraio 2024

Fra la fine del 2022 e l’inizio del 2023, un barcollamento sulla reputazione di X (ex Twitter) nell’ambito del microblogging, ha aperto la strada a possibili competitor. Mark Zuckerberg non se l’è fatto ripetere due volte, lanciando Threads nel luglio 2023, a neanche un anno dall’acquisizione di Twitter da parte di Musk nell’ottobre 2022.
In Europa, però, Threads è disponibile solo da dicembre 2023. Gli utenti stanno ancora prendendo confidenza col mezzo e la piattaforma stessa sta cercando di capire in che direzione muoversi. Sarebbe prematuro esprimere un giudizio su questo nuovo social dopo appena sei mesi (e sarebbe impossibile farlo dopo un solo mese), ma possiamo sicuramente tracciare qualche coordinata di partenza per cominciare ad esplorare limiti e potenzialità dell’alternativa offerta da Meta. Prima di tutto, una domanda sorge spontanea: Threads è una copia di X – bella o brutta che sia – o aggiunge effettivamente qualcosa di nuovo all’affollato panorama social?

Threads


L’interfaccia di Threads non è molto simile a quella di X, ma ovviamente si incentra anch’essa su messaggi brevi (scritti) che possono essere accompagnati da immagini, gif, video. Tuttavia, alcune funzionalità sembrano favorire una maggiore interazione fra gli utenti, mentre altre potrebbero precludere a Threads la possibilità di diventare un degno sostituto di X.

Follow

Chi ha popolato Threads in questi suoi primi mesi di vita ha assistito alla tipica euforia che caratterizza la fase iniziale di ogni nuovo social. In questo caso, l’ultimo arrivato giova del collegamento diretto con Instagram, favorito da Meta. A ogni nuovo iscritto viene offerta la possibilità di seguire in automatico tutti i profili che già segue su Instagram: questa funzionalità permette alla maggior parte dei nuovi profili di partire già con un discreto numero di seguaci. Inoltre, sulla piattaforma impazza il “follow 4 follow”, ossia la pratica di seguirsi a vicenda. Si tratta, naturalmente, di una “promessa” che il più delle volte viene a mancare sul lungo periodo, ma nel caso di Threads c’è un dettaglio che potrebbe cambiare le carte in tavola in materia di follow/unfollow. Infatti, se su Instagram è possibile vedere sia il numero di follower che il numero di profili seguiti, su Threads è possibile vedere solo i follower. Quindi, se su Instagram i profili di maggior prestigio sono quelli in cui il numero di follower è nettamente superiore al numero di profili seguiti, su Threads la questione non si pone: per mantenere alto il proprio “status” non è necessario preoccuparsi di quanti (e quali) profili si decide di seguire perché il dato non viene reso pubblico dalla piattaforma.

Interazioni

Inoltre, su Threads non è possibile vedere il numero di quelli che su X vengono chiamati “retweet”, ossia il numero di volte in cui un determinato contenuto è stato ricondiviso. Anche questa metrica sembra dunque perdere valore rispetto a X, in favore piuttosto di un’interazione più diretta. Dopotutto “threads”, in inglese, significa “discussioni”, e rimanda agli omonimi threads dei forum, piattaforme di discussione che esistono ancora oggi, ma che dopo l’avvento dei social si sono decisamente svuotate. Eppure, i forum offrono agli utenti un’occasione per discutere di argomenti di comune interesse in maniera ben più approfondita di quanto sia possibile fare sui social. Pensiamo allo stesso X, che proprio sulla brevità (280 caratteri per tweet) ha costruito la propria ragione d’essere. In questo senso, Threads offre qualche carattere in più per esprimersi (500), oltre alla possibilità di modificare il messaggio entro i primi 5 minuti dalla pubblicazione. Anche i video, su Threads, durano di più, con un massimo di 5 minuti contro i 2 minuti e 20 di X. L’impossibilità di inviare messaggi privati, poi, è un ulteriore incentivo a discutere direttamente sulla piattaforma.

Messaggi vocali

Non dimentichiamo, in ultimo, quella che è forse la più grande novità che Threads introduce rispetto a X, ossia la possibilità di inviare messaggi audio di massimo 30 secondi, con o senza trascrizione automatica. Questa opzione offre un grande potenziale sul lato dell’interazione: sentire la voce dell’interlocutore, anche se per pochi secondi e in differita, contribuisce a metterne in luce gli intenti – seri o ironici che siano – dando vita a interazioni più limpide rispetto a X, in cui la brevità lascia spazio a messaggi caustici, litigi e fraintendimenti. Tuttavia, questa funzionalità potrebbe portare con sé altri problemi.
Nei primi giorni di Threads in Italia, infatti, si è parlato molto di uno degli audio ricevuti da Giorgia Meloni in risposta al suo primo post: un sonoro rutto. La goliardata ha fatto sorridere molti, ma ha anche messo in luce una maggiore difficoltà nel moderare i contenuti audio rispetto a quelli scritti, sollevando diverse polemiche.

Argomenti di conversazione

A differenza di quanto avviene su X e su Instagram, su Threads è possibile inserire un solo hashtag per indicare la tematica del post. Inoltre qui gli hashtag, privati dell’iconico cancelletto che ha caratterizzato X (Twitter) fin dai suoi albori, possono essere costituiti da intere frasi, con tanto di spazi e caratteri speciali. Ricordano, visivamente, i tag di Facebook, e tendono a riferirsi a specifici argomenti di conversazione, spesso legati ad ambiti ben precisi: Bookthreads, ad esempio, accomuna scrittori, editori e appassionati di romanzi.

A livello di tematiche, Threads ricorda un po’ il Facebook delle origini, con gli utenti che tendono a discutere di interessi ed esperienze in comune. Rispetto a X, c’è meno interesse per l’attualità e per le notizie in tempo reale, nonché per i temi sociali e per la politica in generale – lo stesso Adam Mosseri, Head of Instagram, ha dichiarato che Threads non è progettato per dare la priorità a contenuti di questo tipo. Manca, inoltre, la sezione dedicata ai trending topic, gli argomenti di tendenza su cui X basa gran parte del proprio appeal, e diversi utenti si chiedono se sia una piattaforma adatta a commentare eventi in presa diretta. Per certi versi, risulta difficile credere che Threads possa effettivamente sostituire X.

Fra passato e futuro

Ci troviamo in una fase di rodaggio in cui è difficile stabilire con certezza tanto la “morte” di X quanto l’aspettativa di vita di Threads, che qualcuno dà già per morto.
Per il momento, Threads non sembra un’alternativa efficace a X, ma qualcosa di diverso. Un social che, come recita una celebre tradizione nuziale, include qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio e qualcosa di prestato (da X, ma anche da Instagram).

Tornando sul fronte dell’interazione, bisogna specificare che il bacino d’utenza di Threads è ancora limitato e quindi l’algoritmo prende in considerazione, per i contenuti che appaiono nella sezione “Per te”, l’inerenza alle precedenti interazioni dell’utente più che la risonanza che i post stessi hanno ottenuto, quindi capita spesso di vedersi comparire post di illustri sconosciuti, con appena una manciata di like e risposte, che parlano di argomenti che ci interessano, e a cui viene naturale rispondere.
Questo ci riporta indietro nel tempo fino all’epoca del web 2.0, se non addirittura 1.0., quando ad avere internet erano poche persone e quindi, specie all’interno di un ambito specifico, era semplice ritrovarsi a discutere con perfetti sconosciuti. Le gerarchie esistevano, ma non erano rigide e insormontabili: i webmaster dei siti più visitati godevano di un certo prestigio all’interno della loro nicchia, ma non erano celebrità irraggiungibili. Con l’avvento degli influencer su Instagram e TikTok stiamo invece tornando a un modello di comunicazione più vicino a quello che caratterizza la televisione, in cui un personaggio pubblico parla a una folla di spettatori che ascoltano, ma che difficilmente saranno ascoltati a loro volta, se non a livello statistico. Questo avviene anche su X, con gli utenti che spesso e volentieri puntano a farsi notare più che a interagire con gli altri.
E allora un po’ di sana conversazione con una manciata di estranei, con nessun scopo recondito oltre al fatto di parlare di una cosa che ci interessa, non può che costituire una bella boccata d’aria fresca. E poi che succederà? L’utenza aumenterà, e quindi si ripresenteranno le stesse dinamiche che separano influencer e pubblico sugli altri social?
Oppure diminuirà, causando l’effettiva morte della piattaforma?
Quel che è certo è che non ha senso effettuare un’autopsia prima del tempo.

Vuoi integrare Threads nella strategia di comunicazione del tuo brand?

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SEO: buone pratiche per migliorare il proprio ranking

26 Gennaio 2022

 

Adottare buone pratiche per l’indicizzazione e conoscere i parametri di base per l’ottimizzazione SEO può aumentare il ranking del proprio sito all’interno dei risultati di ricerca di Google. Scopriamo quali sono gli accorgimenti da adottare nel 2022.

 

Regole di base

Ottimizza la tua presenza nella SERP

Chi trova il sito di un’azienda fra i risultati di ricerca di Google dovrebbe farsi subito un’idea chiara del brand in questione, capendo a colpo d’occhio di cosa si occupa e come può rispondere alle esigenze del suo target. La prima cosa da fare è reclamare e ottimizzare la scheda Google My Business della propria attività. I risultati del report annuale di Google (Year in Search 2021) hanno inoltre registrato un crescente interesse nei confronti delle attività commerciali di prossimità, favorito dall’utilizzo di ricerche vocali: una geolocalizzazione accurata risulta dunque fondamentale per i business B2C che si occupano di vendita al dettaglio.

 

Rispondi agli intenti di ricerca

Le parole chiave non hanno la stessa importanza di un tempo: da diversi anni Google premia molto di più il fatto che un sito riesca a rispondere all’intento di ricerca dell’utente, ossia al problema che vuole risolvere, alla domanda a cui cerca risposta.
Insomma, per essere trovati dai clienti è importante chiedersi quali possano essere i loro bisogni e come poterli soddisfare.
È fondamentale che i contenuti richiesti siano facili da trovare (la struttura del sito dev’essere intuitiva), reperibili in breve tempo (il sito deve caricarsi velocemente), ed espressi in modo chiaro ed esauriente, altrimenti l’utente cercherà altrove. Alla luce di questo, può essere utile creare una pagina FAQ che raccolga tutte le domande più gettonate e/o impostare i testi più importanti del sito come se ogni paragrafo costituisca la risposta ad un quesito posto dall’utente.

 

Mobile First, velocità, sicurezza e accessibilità

In linea con le abitudini di navigazione degli utenti, Google pone molta più attenzione alla versione mobile dei siti rispetto a quella per desktop. È importante assicurarsi dunque che l’esperienza di navigazione da cellulare sia soddisfacente, che il layout sia responsive, che le pagine vengano caricate in breve tempo e che siano sicure e protette grazie all’installazione di protocolli SSL.
In generale, Google favorisce siti che siano user friendly – la user experience è sempre al centro di ogni strategia SEO – e che presentino contenuti fruibili anche dagli utenti diversamente abili. Consigliamo quindi di ottimizzare l’accessibilità del sito compilando il Testo Alternativo (ALT text) in tutte le immagini: questo permetterà alle persone non vedenti di conoscerne il contenuto. Si consiglia inoltre di scegliere sempre immagini pertinenti e di qualità, rinominate con le keyword corrette, e di non pubblicare file troppo “pesanti” che rallenterebbero la navigazione.

 

Testi approfonditi, linguaggio naturale

Si consiglia di redigere articoli lunghi, approfonditi e ben strutturati.
È importante che i testi rispettino i criteri del paradigma di Google EAT, ossia expertise (esperienza), authoritativeness (autorevolezza) e trustworthiness (affidabilità), che pongono le loro basi sulla reputazione online e dunque anche sulla presenza di backlink.
È inoltre fondamentale ottimizzare il proprio testo in modo che risulti funzionale alla sempre più diffusa ricerca vocale, che non si basa quasi mai su una parola chiave secca, ma su query discorsive e dunque su un linguaggio naturale.
 Dal 2015, questo fattore viene valutato da Google BERT (Bidirectional Encoder Representations from Transformers), un update dell’algoritmo del motore di ricerca grazie a cui il browser è in grado di comprendere il linguaggio naturale degli utenti e dunque i loro intenti di ricerca. A BERT si aggiungerà presto MUM (Multitask Unified Model), un nuovo modello in grado di comprendere in modo ancora più profondo i sentimenti, il contesto e le intenzioni dell’utente. Come suggerisce il suo nome completo, MUM è anche multitasking: gli utenti potranno combinare testo, immagini e voce per ottenere risultati ancora più rilevanti per le loro query di ricerca. Ad esempio, sarà possibile chiedere se un paio di scarponi (con foto allegata) possano essere adatti per un’escursione sul Monte Bianco: in caso di risposta negativa, l’algoritmo potrebbe consigliare un prodotto più adatto allo scopo. Le possibilità fornite da questo nuovo strumento sono davvero ampie e mai sperimentate prima.


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Social Commerce: vendere sui social

25 Gennaio 2022

Siamo abituati a pensare ai social network come strumenti attraverso cui coltivare la propria brand awareness, ma il Social Commerce ci sta dimostrando come una buona comunicazione possa portare l’utente a percorrere l’intero marketing funnel, raggiungendo la conversione all’interno della stessa piattaforma.
Scopriamo i vantaggi e le potenzialità della vendita sui social!

Un’occasione da cogliere

Negli ultimi due anni, non solo è aumentato il tempo che gli utenti passano su internet (e sui social, nello specifico), ma anche la fiducia nei confronti degli acquisti online. Nel 2020, secondo il rapporto annuale di Casaleggio e Associati, il 31% dei consumatori ha affermato di comprare in rete quello che prima era solito acquistare nei negozi fisici. In quest’ottica, le opportunità offerte dalla vendita diretta sui social network possono risultare particolarmente fruttuose, considerato che il loro pubblico è numeroso (supera di gran lunga il 50% della popolazione italiana) e gode di un alto grado di profilazione. La vendita diretta sui social media presenta diversi vantaggi rispetto al resto del commercio online, ma segue regole proprie: rispetto all’ecommerce tradizionale, è necessario ripensare il funnel di vendita sviluppando contenuti che instaurino una relazione con gli utenti, mettendoli in condizione di poter esprimere liberamente la propria opinione.

Perché funziona: consigli e opportunità

Fra i fattori che decretano il successo del Social Commerce c’è sicuramente il fatto che gli utenti abbiano già una certa familiarità con le varie piattaforme social, su cui passano svariati momenti di svago: questo fa sì che la procedura d’acquisto risulti essere semplice, piacevole e fluida. Infatti, il Social Commerce riduce i passaggi che portano al completamento dell’acquisto: il potenziale acquirente, se interessato alla proposta, non è più costretto a interrompere la propria sessione per approdare su un sito esterno. Tutto inizia e finisce sui social.
Evitando tutti gli elementi d’attrito che frenano le conversioni, il Social Commerce favorisce gli acquisti d’impulso: può essere dunque consigliato puntare su prodotti a basso costo e contenuti che propongano stili di vita e spunti di utilizzo.

Secondo la ricerca condotta da Maria Vernuccio, Annaluce Latorre e Alberto Pastore, e confluita nell’articolo “Le imprese e il social commerce: opportunità e sfide manageriali”, il Social Commerce “favorisce la […] fiducia nei confronti del canale online, in generale, e del venditore, in particolare”, vincendo la diffidenza percepita in relazione alla vendita su altri canali online. Sicuramente, come dicevamo, torna utile il fatto di acquistare su una piattaforma già familiare, ma secondo gli studiosi è soprattutto la condivisione di esperienze con altri utenti, che possono testimoniare l’affidabilità del venditore, a ridurre la percezione del rischio, aiutando a superare gli scetticismi che frenano l’acquisto. Non dobbiamo infatti dimenticare l’effetto “social proof”, secondo cui le piattaforme social sono tendenzialmente il primo posto in cui i consumatori si recano per cercare informazioni sui prodotti: una ricerca di Absolutenet ha dimostrato che l’87% dei clienti di eCommerce affermano che i social media, visti come fonte imparziale, li aiutino a decidere cosa acquistare. La ricerca di Vernuccio, Latorre e Pastore parla di “socializzazione del processo d’acquisto online”, evidenziando come il Social Commerce permetta di trasformare l’acquisto in un’esperienza d’interazione tra consumatori online, “ricreando quei meccanismi di aggregazione sociale nello shopping tipici del mondo reale e che mancavano nell’e-commerce di tipo tradizionale”. Secondo gli esperti da loro consultati, la socializzazione tra gli utenti può avere luogo in tutte le fasi del processo d’acquisto, dalla “social discovery” al “supporto sociale nella ricerca delle informazioni/valutazione delle alternative/scelta”, fino al “supporto sociale nella valutazione post-acquisto”.

In questo senso, il Social Commerce accorcia le distanze fra l’utente e la conversione, ma anche fra cliente e brand. Il fatto di poter interagire direttamente con il marchio, esprimendo direttamente le proprie opinioni, permette ai clienti di instaurare un rapporto di intimità e fiducia con l’azienda.
Inoltre, vendendo direttamente sui social network, è possibile introdurre un sistema di customer care mirato: con l’ausilio di chatbot, l’esperienza fornita al cliente potrà essere anch’essa integrata nel flusso ininterrotto fra acquisizione delle informazioni, acquisto e assistenza.

Vantaggi per le aziende

Attraverso la loro ricerca, Maria Vernuccio, Annaluce Latorre e Alberto Pastore hanno individuato i cinque principali vantaggi che le imprese italiane attribuiscono al Social Commerce:

1) word of mouth: la prima opportunità percepita dagli esperti è la possibilità di attivare flussi virtuosi di passaparola, in modo integrato tra online e offline, attraverso le tipiche funzionalità dei social. Non solo per mezzo dei meccanismi di condivisione, ma anche attraverso il contributo originale degli utenti in termini di user-generated content (UGC), anche sotto forma di semplici recensioni.
2) consumer insight: I social media consentono alle imprese di ottenere informazioni sulle opinioni, i desideri e gli stili di vita dei consumatori e questa può essere la base non sono per una profilazione più accurata degli utenti, ma anche per una continua innovazione dei prodotti e dei servizi offerti sulla base del monitoraggio delle discussioni e dei contenuti condivisi su queste piattaforme, che potranno rivelare eventuali criticità nella fruizione, nonché nuove occasioni d’uso.
3) opportunità di personalizzazione: secondo gli esperti, il Social Commerce consente alle imprese di personalizzare l’offerta. Questa fondamentale opportunità dipende sia dalla migliore profilazione dei propri clienti, sia dalle caratteristiche interattive proprie delle piattaforme di Social Commerce.
4) opportunità di branding: la ricerca sostiene che le piattaforme di Social Commerce migliorino i risultati di marca in termini di brand awareness, brand engagement e brand loyalty, offrendo un luogo privilegiato per la gestione della brand reputation attraverso il monitoraggio delle conversazioni degli utenti. Inoltre, le funzionalità dei social favoriscono la generazione del passaparola, uno degli strumenti più utili per accrescere la notorietà della marca, mentre le piattaforme di Social Commerce consentono alle imprese di conoscere meglio e dialogare con i propri clienti, stimolandone il coinvolgimento e dunque l’acquisto e/o il passaparola.
5) opportunità economiche: gli esperti ritengono che il Social Commerce determini per le imprese due principali vantaggi di carattere economico, ovvero la possibilità di aumentare il fatturato grazie alla personalizzazione della value proposition e al word of mouth, e di ridurre i costi per le ricerche di marketing grazie all’opportunità di ascoltare direttamente la “voce del consumatore”, osservandone il comportamento d’acquisto.

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