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1984: Ridley Scott e Apple, lo spot che ha cambiato la storia

2 Febbraio 2022

Dopo l’articolo che abbiamo dedicato a Ingmar Begrman, continuiamo a parlare di come cinema e pubblicità possano incontrarsi grazie al contributo dei più celebri registi.
In questo post vogliamo fare luce sull’esperienza pubblicitaria di Ridley Scott per poi analizzare il celeberrimo spot da lui diretto per Apple traendo ispirazione da 1984 di George Orwell.

Ridley Scott, l’esperienza in pubblicità

Quando Ridley Scott raggiunse il grande successo con Alien (1979), alle sue spalle aveva 20 anni di esperienza in pubblicità e la regia di circa 2.000 spot. Erano tempi competitivi, in cui si girava molto: circa 100 spot all’anno, due alla settimana. “Arrivavo dall’era dell’advertising stile Mad Men, stavamo forgiando il concetto moderno di pubblicità”, dichiara Scott.
Il regista l’aveva presa come una sfida: “Mi ha sempre meravigliato quanto riuscissi a infilare in uno spot di 30 secondi”.
Grazie all’adv, Ridley Scott dichiara di aver imparato a “prendere in considerazione la domanda più basica: sto comunicando o sto mancando il bersaglio? Se non stai comunicando, non puoi fare un film di successo”.

Scott afferma che la capacità di “vendere” una storia al pubblico deriva direttamente dalla sua esperienza in ambito pubblicitario, che considera al pari di una “scuola di cinema” che gli ha insegnato a ottimizzare i budget e a rispettare le scadenze. In poche parole, girare spot gli ha permesso di passare dalla teoria alla pratica, acquisendo un metodo di lavoro che avrebbe conservato per il resto della sua carriera.

Come accaduto ad altri registi britannici che arrivavano dall’advertising, Scott è stato spesso criticato per il fatto di dare troppa importanza all’estetica: “Dicevano che il mio girato era troppo basato sull’immagine, un’eredità della mia esperienza nel marketing. Cosa c’è di male? Non sto facendo un’opera radiofonica, ma qualcosa da vedere”.

Ad esempio, le atmosfere oniriche dello spot “Share the fantasy”, girato da Scott per Chanel No 5 nel 1979, anticipano l’estetica di alcuni dei suoi successivi film.

Nel 1985, qualche anno dopo il grande successo di Blade Runner (1982), Scott gira per Pepsi uno spot che immerge lo spettatore in un mondo notturno, fatto di colori al neon.

La capacità del regista di creare atmosfere suggestive, con una grande attenzione all’estetica e uno spiccato gusto per il surreale, costituirà un contributo fondamentale nello spot che stiamo per analizzare.

Lo spot di Apple

22 gennaio 1984

“Alcune persone dicono di dare ai clienti quello che vogliono, ma questo non è il mio approccio. Il nostro lavoro è capire cosa vogliono prima che lo vogliano”, dichiarava Steve Jobs a Playboy nel 1985.
Questo mantra è perfettamente incarnato dal celebre spot 1984, realizzato per Apple da Ridley Scott in collaborazione con l’agenzia Chiat/Day di New York.
Lo spot debutta il 22 gennaio 1984 durante una pausa pubblicitaria del Superbowl, segnando un momento storico non solo per la Apple, ma per la stessa manifestazione sportiva, che proprio da quel momento comincerà ad essere considerata dagli inserzionisti come l’evento cardine dell’intero palinsesto televisivo statunitense.
La forza evocativa dello spot in questione deriva anche dal fatto che sia stato trasmesso solo una volta a livello nazionale, proprio in quell’occasione.

1984

Lo spot pescava dall’immaginario fantascientifico dei primi anni ‘80, ben rappresentato da Blade Runner, e dall’atmosfera distopica di 1984.

L’ambientazione è scura, forse sotterranea: vediamo una fila di persone che marciano in modo robotico, ipnotizzate dalla propaganda del Grande Fratello, mentre una giovane donna inseguita da guardie con l’elmetto corre attraverso un tunnel brandendo un martello. L’eroina, interpretata dall’atleta inglese Anya Major, indossa una maglietta con il logo di Apple e una sagoma che rappresenta il Macintosh. Prima che possano fermarla, lancia il martello sullo schermo gigante interrompendo la propaganda del dittatore. L’esplosione risveglia le masse dalla loro ipnosi mentre il narratore recita: “Il 24 gennaio Apple Computer introdurrà Macintosh. E vedrai perché il 1984 non sarà come 1984”.

La sfida di Apple

Con questo spot Apple dà inizio ad una rivoluzione. Innanzitutto per l’audace sfida lanciata ad IBM, rappresentata come un’autorità a capo di un monopolio che fa il lavaggio del cervello alle masse. In questo contesto, Apple si presenta come l’eroina, l’outsider che alla fine trionfa, stupendo tutti. Forse non è un caso che a rappresentare il marchio sia una donna, alla luce delle lotte femministe del decennio precedente, che si erano riflesse anche nel cinema di Scott (Alien, 1979).

A rendere ancora più potente il messaggio è il fatto che non ci sia un prodotto fisico su cui concentrare la propria attenzione. Come fa notare Ridley Scott, lo spot non dice cosa sia o cosa faccia il Mac, né tantomeno lo mostra. Sotto questo punto di vista, 1984 ha aperto la strada all’adv contemporaneo, in cui i valori del brand arrivano prima del prodotto o del servizio da vendere. Grazie a questo spot, la Apple si è affermata come un’alternativa creativa e dirompente rispetto al monopolio di IBM. Secondo Walter Isaacson, “lo spot ha iniettato il DNA di Steve Jobs nello spirito di Apple”, influenzando per sempre l’immagine del brand, tutt’oggi indissolubilmente legato al concetto di libertà, ribellione, anticonformismo.

Ironicamente, nel 2020, il franchise videoludico di Fortnite riprenderà il concept del celebre spot del 1984 per scagliarsi contro il ban ricevuto dall’Apple store, insinuando che Apple sia passata dalla parte dei cattivi: possiamo parlare di un nuovo “1984”?

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Filed Under: Advertising, Campagne Marketing, Youtube

Vlog: l’altra faccia di YouTube

13 Febbraio 2019

Dimmi come blogghi, e ti dirò chi sei: infatti, c’è blog e… vlog. O videoblog. O vidblog.
Quando alle parole non basta più una sola forma d’espressione, ecco che queste si uniscono al video per creare rubriche e storie, racconti, informazioni e – ovviamente – tutorial.
Un sistema di comunicazione, quello del Vlog, davvero popolare tra i giovanissimi, che il più delle volte coincide con il termine YouTuber e che rappresenta una corsa verso l’oro, in realtà, a basso costo, dal momento che per diventare vlogger bastano davvero pochi strumenti: uno smartphone, un account YouTube e buone idee (oltre a un programma di editing video per dare quel tocco giocoso e movimentato che caratterizza i contenuti di questa piattaforma).

Vlogger o YouTuber? Analisi di una definizione

Possiamo definire i Vlogger come una sorta di blogger che, anziché aggiornare – appunto – un blog, scelgono di condividere i loro contenuti sul canale YouTube. Già, perché YouTube è decisamente in grado di veicolare popolarità non solo fra gli utenti, ma anche tra le aziende, ghiotti e potenziali sponsor e ambassador: decisamente un valido motivo per cui preferire questo canale anziché altri.
Non solo: nella definizione del fenomeno vlogger possiamo poi utilizzare una discriminante “estera”: il termine YouTuber descrive per lo più i vlogger italiani, con un’utenza super-young e contenuti giocosi, non troppo raffinati, mentre il termine vlog ha un respiro più internazionale. E, per rendere ancora più nebulosa la situazione, alcuni famosi YouTubers – soprattutto all’estero –  gestiscono canali separati. Perché la domanda sorge spontanea: quanto guadagna un Vlogger, specie se possiede più properties? Ce lo svela il quotidiano “La Stampa” , secondo cui i vlog più remunerativi sono quelli canadesi e statunitensi, dove l’introito medio totale è tra i 5 e gli 8 milioni di dollari totali: una cifra da capogiro! Ma anche in Italia non si scherza.

I Vlogger più famosi al mondo

Si parla di – realmente – non solo di milioni di dollari, ma anche di milioni di followers: in Italia i vlogger più famosi sono gli ormai storici Favij, Clio MakeUp – approdata ufficialmente alla TV -, fino ai “newly born” Sofia Viscardi, Greta Menchi e IPantellas, idoli dei giovanissimi, con un introito medio tra i 25 e 150 mila euro mensili! Le tematiche? Fumetti, makeup, gaming e comicità. Ne abbiamo parlato anche in questo nostro articolo dedicato, più strettamente, agli YouTubers. Ma cosa succede sull’isola (più) felice dei paesi anglosassoni? Bene, le star dei canali YouTube sono certamente due: iniziamo da Roman AtwoodVlogs, con un vlog che parla, molto semplicemente, della sua vita, ma  in maniera epica. Roman ha iniziato il suo percorso producendo video comici, attirando così ben 10 milioni di utenti e raggiungendo l’ambito reward del 50° canale più sottoscritto su YouTube: Roman, infatti, può essere orgoglioso di essere il secondo YouTuber ad aver ricevuto ben due Diamond Play Button e ad aver vinto la categoria YouTube Comedian degli Shorty Awards nel 2016. Successivamente, troviamo Daniel Howell, iniziando come “Danisnotonfire”, vlog poi ribattezzato – semplicemente – Daniel Howell, oltre a un canale laterale, vero e proprio side project, chiamato “Danisnotinteresting”, dove il blogger carica video bonus che completano i contenuti del canale principale.

Un vero e proprio mondo da scoprire, quindi, quello dei vlog, fatto di contenuti giovani e giovanissimi, autentico del Belpaese, tra strategie video remunerative e con un’esperienza di oltre 10 anni per l’estero, per una popolarità che va ben oltre i famosi 15 minuti di Andy Wahrol.

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“E ora, qualcosa di completamente diverso”: alla scoperta di YouTube e i suoi Youtubers

8 Giugno 2018

Lo avevamo detto a gennaio: tra le previsioni 2018 relative al mondo digital, il video avrebbe goduto ancora di grandi momenti di gloria. E così è stato. Soprattutto per YouTube, il social-non-social, la piattaforma video più nota al mondo, la cui anima è popolata da youtubers, nuove stelle del web la cui base fan è attivissima e scatenata. Vi proponiamo, quindi, un viaggio in questo mondo e tra i suoi protagonisti.

Ma prima… un po’ di numeri

Per comprendere a pieno il fenomeno youtubers, è bene contestualizzare: innanzitutto, gli italiani amano YouTube, piattaforma che supera addirittura Facebook per numero di visite uniche giornaliere. Ma, YouTube, è una piattaforma non scevra da polemiche: è della metà di aprile 2018 la notizia secondo la quale qui sarebbero stati rubati i dati di minori under 13, al fine di profilare advertising in target con questa fascia di utenti. Perché sì, gli utenti di Youtube di età compresa tra i 12 e i 21 anni sono il 39%: non sarà una maggioranza assoluta, ma si tratta certamente di un numero cospicuo. E attivo.

Youtubers: gli esempi virtuosi

Bando alle polemiche, YouTube è una fucina di talenti. Sono tanti, giovani e meno giovani, che utilizzano questa piattaforma video per veicolare contenuti culturali e divulgativi facilmente assimilabili. In questo articolo di Freemedia viene stilata una vera e propria lista di youtubers che fanno tornare voglia di leggere, tra recensioni – in chiave più o meno ironica -, opinioni e scoperte. Chi ha attirato maggiormente la nostra attenzione? Sicuramente Julie Demar, che abbiamo conosciuto di persona: genovese come noi, tra cactus, book haul e partecipazione a festival e manifestazioni, è tra le voci più fresche e aggiornate sul mondo della letteratura. Ve la consigliamo con tutto il cuore!

Youtubers: quelli più amati in Italia

Ipantellas, Favij, Benji e Fede, ma anche CasaSurace: la comicità è virale. E sembra proprio questo il trend topic più ricercato del reame. Ma, se questi nomi ormai sono più che noti, tanto da oltrepassare la barriera di YouTube per approdare in TV come testimonial di pubblicità e parte di sit-com,  la lista è ancora molto lunga, tra viaggi, vlogger – ovvero, chi usa il video come blog -, giochi e bellezza. Non potendo dilungarci troppo con i nomi, lasciamo la parola a Wired, che ha classificato i 10 migliori youtubers in Italia, ancora parzialmente sconosciuti ma assolutamente promettenti!

Youtubers: se non son matti non li vogliamo

Il trash è il loro pane quotidiano. Fake news, complottismo e alieni, cucina che fa accapponare la pelle, mash-up musicali mal riusciti. YouTube è così, un po’ Dr, Jekyll e un po’ Mr Hyde: se da un lato la bellezza vince, dall’altra troviamo una componente kitsch forte. E la lista dei peggiori Youtubers si fa lunga e lastricata di traguardi: non saremo noi a fare da giuria, ma lasceremo la parola a chi ne ha già parlato, con un mini survey degli articoli usciti sul web che danno spazio a questa categoria.

  • Gli Squallidi di Youtube: un blog ad hoc per trovare il peggio del canale video più popoloso al mondo, con un focus particolare sulla politica e la scienza;
  • un minuto e 13 di puro terrore: il partenopeo ThePio3D ci fa la lista, “un suo parere personale”, dei 5 peggiori youtuber per tipologia di video e riuscita delle loro riprese;
  • un parere autorevole ce lo dà Radio Deejay, in questo articolo, dove viene esacerbato il peggio del peggio: per i 10 anni di YouTube, una reale classifica del peggio internazionale e nazionale, a partire dal discusso e alquanto iperbolico Andrea Dipré. Buona visione!

Un po’ Yin e un po’ Yiang, YouTube è un mondo tutto da scoprire: capace di popolare le nostre giornate con news, tips and tricks, aggiornamenti – dalla lettura, al running, alla cucina -, il suo punto saldo sono proprio i contenuti che generosi youtubers creano quotidianamente.

Ma una cosa va detta: scadere in giudizi facili, senza conoscere le situazioni di ogni singola persona che aspira a diventare parte di successo di questo universo, è davvero facile. Bullismo, flare, commenti senza identità che sono in grado di distruggere anche la più solida delle reputazioni, non sono ben accetti. Il saggio dice: YouTube è un canale da vivere, ma attraverso una netiquette responsabile e umana.

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2018: i trend digitali e sociali in Italia e nel mondo per una strategia digitale completa

9 Marzo 2018

Esperienze digitali mutevoli, cangianti, in un mondo affascinante e mutevole: stiamo parlando di Internet data, di accessi e di mondo digital.
Dal professionista online, fino all’azienda più di nicchia, conoscere le preferenze degli utenti, in fatto di accessi social, uso del mobile nel mondo e, soprattutto, in Italia, ci consente di essere sempre – strategicamente – un passo avanti. Per esempio: prova a pensare alle esperienze di cura del cliente, che passano imprescindibilmente attraverso meccanismi comunicativi di social vestiti, con chatbot e chat, video e connessioni. In questo nostro nuovo post, quindi, desideriamo condividere con te qualche pillola su innovazione e comunicazione digital.
La fonte che ci accompagnerà in questo mini-survey? WeAreSocial e Hootsuite, e il loro digital report!

La situazione mondiale: uno sguardo al contesto

Il digitale nel mondo – quello costituito da utenti internet, accesso ai social media, e al mobile – è sempre più attivo: sono oltre 250 milioni le persone connesse per la prima volta, tra la fine del 2017 e gli inizi del 2018.
Il primato? Va al continente africano, early bird dell’evoluzione dell’industria mobile, che ha reso la comunicazione digitale finalmente più accessibile e a buon mercato. Gli utenti internet nel mondo sono oltre 4 miliardi, e quelli attivi sui social ben il 42%: ciò significa che circa il 50% della popolazione mondiale possiede una connessione, e la utilizza per le reti sociali. Infine: gli utenti che utilizzano un dispositivo mobile sono oltre 5 miliardi, il 68% della popolazione mondiale censita. Il 39% di questi utilizza smartphone e tablet per accedere ai social media, dove Facebook regna sovrano incontrastato.

L’Italia: la rete è… mobile

Si sa, l’Italia è un paese estremamente connesso, chiacchierone, comunicativo. Lo siamo per patrimonio genetico, e lo dimostriamo anche nei comportamenti online: nel Belpaese si stima che, sui 59 milioni di abitanti, il 73% faccia uso della rete per oltre 6 ore al giorno. Di questi 59 milioni, 34 utilizzano i social, 49 sono attivi soprattutto da mobile, e 30 utilizzano i social network esclusivamente da smartphone e tablet.

YouTube: caposaldo degli accessi social in Italia, contro ogni aspettativa.

Anche in Italia Facebook è il re di cuori delle connessioni sociali? No. O meglio, non più: il social blu infatti detiene il secondo posto dopo YouTube, per due soli punti percentuali, a testimonianza che il trend video è sempre più forte.
Anche il resto della classifica rivela un cambiamento nel trend social del nostro paese: WhatsApp e Messenger di Facebook guadagnano terreno rispetto a Instagram, in quinta posizione. Un caso? Molto probabilmente no. Anzi, una strategia da sfruttare a pieno, per dare un follow-up a clienti e a contatti davvero completo ed efficiente, con strategie di customer care in tempo reale e personalizzabili.
Facebook e Instagram restano comunque decisamente più utilizzati dell’uccellino blu, Twitter, contendendosi rispettivamente 34 e 16 milioni di utenti di età compresa tra i 16 e i 63 anni.
Una galassia di dati, questa, ma anche di applicazioni pratiche, utili, profonde, per comprendere al meglio quali siano i meccanismi comunicativi che ci circondano, e di cui siamo parte anche noi, quotidianamente.

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Video sul Web – Facebook vs Youtube

3 Febbraio 2015

Non vi è dubbio alcuno che i video sul web siano una risorsa molto importante per il web-marketing: i video coinvolgono. A questo punto resta da capire qual è il posto migliore per caricare i propri video. Cosa funziona meglio, Facebook e Youtube? E Vimeo dove si colloca in tutto questo? Parliamone un attimo.

Secondo un recente studio di SocialBakers Facebook, nella guerra tra player video, è quello che esce vittorioso. Il sorpasso di Facebook su Youtube c’è stato già a Novembre, ma è stato il mese di Dicembre ad aver davvero visto il trionfo di Facebook

In questo grafico ci sono alcune cose da considerare. La domanda da farsi è la seguente: perché i brand preferiscono caricare video su Facebook invece su Youtube? Come sappiamo Facebook ha un problema con la reach dei post delle pagine, i video però sono i contenuti che, secondo la nostra esperienza (e non solo), maggiormente raggiungono l’utente. Non stupisce quindi che le pagine, per raggiungere gli utenti con il loro messaggio, si affidino ai video. Che per altro funzionano molto bene con le inserzioni a pagamento.

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Filed Under: Facebook, Internet & New Media, News dal Web, Youtube Tagged With: social media marketing, video, web marketing

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